giovedì 24 gennaio 2013

Intervista ad Antonio Di Luca, operaio Fiom candidato di Rivoluzione Civile

La prima intervista a Di Luca
«Voglio portare in Parlamento la voce degli operai»
Intervista ad Antonio Di Luca, operaio di Pomigliano candidato con Rivoluzione civile
Operaio della Fiat di Pomigliano, iscritto alla Fiom e a Rifondazione comunista, Antonio Di Luca è stato uno dei protagonisti di questo lungo percorso che ha portato alla nascita della lista Rivoluzione civile capeggiata da Antonio Ingroia. Di Luca fin da subito ha aderito all’appello “Cambiare si può”, è stato tra i primi firmatari, e non ha esitato successivamente a sostenere il cartello elettorale dell’ex pm di Palermo, là dove invece molti degli aderenti del testo di Marco Revelli, Livio Pepino ed altri hanno manifestato perplessità e contrarietà. A lui abbiamo chiesto di raccontarci direttamente come ha vissuto tutta questa storia che ci auguriamo possa continuare con una affermazione elettorale. «Il mio essere un iscritto alla Fiom e a Rifondazione comunista è certamente parte della mia vita – dice il sindacalista – ma ora per me c’è solo Rivoluzione civile.»
Come sei arrivato a fare questa scelta?
Intanto girando l’Italia per seguire iniziative di diverso tipo. Ne ricordo una di “Sbilanciamoci”, un’altra sulla decrescita all’interno di una conferenza internazionale dedicata a questo tema, un’altra ancora di A.l.b.a.. A tutte queste iniziative ho partecipato sia come iscritto alla Fiom, sia come semplice cittadino che si interroga su determinati problemi del mondo. Questo percorso mi ha permesso di incontrare tantissime persone che mi hanno sempre invitato ad entrare in politica. Ma io ho sempre rifiutato dicendo che il mio unico interesse era fare il sindacalista.
Poi che cosa è successo?
Quando sono cominciate a venir fuori delle proposte, ho detto a tutti, dagli esponenti del Movimento arancione a Paolo Ferrero passando per Marco Revelli, che sarei stato disponibile a patto che la mia eventuale candidatura fosse stata ampiamente condivisa dal mondo che io rappresento e che vorrei rappresentare. I compagni della fabbrica che con tutte le loro istanze stanno portando avanti una battaglia di civiltà. Queste sono state le mie richieste. E la risposta più bella, pulita e trasversale è stata la scelta di designarmi come capolista dopo Ingroia giù in Campania, come anche in Basilicata, in Puglia e in Piemonte.
A questo punto ci auguriamo tutti che sia tu che gli altri/e candidati/e diveniate parlamentari perché in questi anni si è sentita molto la mancanza appunto in Parlamento di una forza politica che contrastasse sia il berlusconismo che il montismo, a parte la presenza non sufficiente però dell’Idv. Come ti senti di fronte a questo nuovo capitolo della tua vita, con un possibile incarico istituzionale in un contesto non facile?
Il mio sogno è quello di portare all’interno del Parlamento la voce del mio territorio, del Mezzogiorno martoriato, e soprattutto dei lavoratori. E queste tematiche le voglio portare lì dentro con grande forza. Personalmente voglio precisare che non mi reputo nessuno. Ma sono un rappresentante di una battaglia di civiltà che è quella di Pomigliano.
Battaglia che va ben al di là di Pomigliano stessa, vero?
Certamente. Avevamo già detto che la nostra non era solo una vertenza che nasceva in un territorio desertificato, ma rappresentava un salto di fase paradigmatico che si doveva estendere prima a tutto il gruppo Fiat e poi in tutta Italia e in tutte le pieghe della società. Queste cose, che avevamo intercettato, pretendo vengano difese anche in Parlamento. Rivoluzione civile, che ha fatto propri questi argomenti e queste battaglie, grazie alla società civile, ai partiti e a quei compagni che da sempre sono impegnati sul territorio, può diventare veramente una bella esperienza anche nelle sedi istituzionali. Permettendomi poi all’interno del Parlamento di non riscaldare solo una sedia ma di sostenere queste lotte.
Credi che questa vostra probabile presenza a Montecitorio e a Palazzo Madama possa in qualche modo condizionare su determinate tematiche altre forze politiche, penso ovviamente al Pd e soprattutto a Sel?
Io penso una cosa: sono convinto, e lo dico da delegato sindacale, da segretario, da operaio e da persona vicina ai conflitti e alla vertenze, che qui fra poco esploderà di tutto e di più. Tra chi non ha ammortizzatori sociali, tra chi si trova in una situazione di cessazione di attività, con una riforma Fornero che verrà attualizzata, si può facilmente immaginare quello che potrà succedere. Basti pensare a Pomigliano dove in tremila rischiano di trovarsi in mobilità a causa appunto della cessazione di attività che scadrà quest’anno. Tra queste migliaia di persone ci sono anche i lavoratori della ex Telecom che rappresenta un indotto di primo livello, il più importante insieme a quello della Fma. Davanti a queste cose non si può più giocare. E quando i nodi verranno al pettine e con tutte le pressioni che ci saranno, non tanto su di noi perché siamo coerenti ma sugli altri, sono convinto che queste contraddizioni esploderanno. E penso, e sottolineo penso, che molta parte del Pd, soprattutto nella base, e in particolare Sel, spingeranno verso un sostegno alle nostre battaglie sull’articolo 8, sull’articolo 18 e su tanti altri fronti. Che sono parte integrante del nostro programma. E poi voglio parlare del tema della rappresentanza sindacale perché sono stufo di essere consapevole del fatto che sono primo e che siamo stravincendo in tutte le fabbriche ma a causa di un vulnus gravissimo legato ad una interpretazione fasulla dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, io mi devo sentire escluso in quanto non firmatario di un accordo. Tutte queste cose sono carne vive della gente. Non è spread o quant’altro. Parlare di contratti, di salario, di malattia, di permessi, di ammortizzatori sociali, di rappresentanza sindacale, di Rsa, significa parlare della vita delle persone. E queste cose devono entrare una volta per tutte nell’agenda della politica. E’ stata troppo assente per molto tempo. E dobbiamo fare entrare in Parlamento, con Rivoluzione civile, anche quegli anticorpi giusti che via via sono andati scomparendo in questo Paese. Altrimenti credo che staremo ancora male per i prossimi cinquant’anni.
Vittorio Bonanni

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